Serp

Autore
Modesto Bessone

Vipra

L'occitano vipra « vipera » continua il latino vipera di identico senso, e sèrp « serpe » deriva da una radice latina rappresentata dal verbo serpere « spostarsi strisciando » e dal sostantivo derivato serpentem « serpente ».

Il termine generico sèrp si pronuncia [serp], salvo in Alta Valle Susa dove le consonanti finali sono generalmente mute : [sê] a Salbertrand, [ser] a Claviere. Rochemolles presenta la variante serpa [sêrp] (plurale las serpas [serpa]). Serpent è un altro termine generico (Val Germanasca, Robilante).
Vipra ha una pronuncia comune del tipo [vipro] (Bellino, Sampeyre, Monterosso), con le varianti [vipra] (Villar Pellice), [vippro] (Val Germanasca, Ostana), [vippra] (Bobbio). La forma lessicale alterata vripa si trova in Val Vermenagna e in brigasco ([vripa]), come in Val Germanasca ([vrippo]). Salbertrand ha vipera [vipeřa] e Elva vípera [vìpero].

Per denominare specificamente le serpi velenose l'occitano cisalpino usa la stessa e unica parola vipra, salvo Rochemolles dove la sèrpa è anche « la vipera ».
Le serpi della famiglia delle bisce hanno dei nomi variati che dipendono della specie e della parlata : la sèrp de l'aiga [sê d' l' aiga] « serpe dell'acqua » a Salbertrand, la lasernala [lazërnalo] in Val Germanasca (un derivato di lasèrn « ramarro »), la sèrp peschaoira [serp peschouiro] « la serpe pescatrice » a Sampeyre, il serpent « serpente » a Elva, la galhassa [gaiasa] in Val Vermenagna (derivato da galh, jalh « pezzato, di diversi colori, per un animale »).

Anguis fragilis, l'arguelh « l'orbettino », è spesso confuso con le serpi. Il suo nome in occitano comune del Linguadoca, anaduèlh, ha la stessa origine, ancora misteriosa, delle forme delle parlate cisalpine : l' aniguelh [anigueû] a Salbertrand, arguelh [ërgueulh] in Val Germanasca, esgruelh [ësgruëlh] a Ostana, ariguelh [arigueui] o arguelh a Robilante.

Un serpier [sërpìe] (Val Germanasca), o una serpentiera (Elva), è un posto ricco di serpi. L'anicle [anicle] o aricle è una pelle di vipera usata come rimedio popolare (Val Germanasca).

I testi valdesi medievali presentano tutte tre le parole : serpent, vipra/vibra e colòbra.
Nella Bibbia di Carpentras : [Tres còsas son a mi greo : la via de l'aygla al cel, la via de la colobra sobre la peyra, la via de la nau al mey del mar] (Prov. XXX-19) « Tre cose mi sono difficili : il sentiero dell'aquila nell'aria, il sentiero del serpente sulla roccia, il sentiero della nave in alto mare », [O serpent, generacion de vibras, en cal maniera fugirè del judici de pena?] (Mat. XXIII-33) « Serpenti, razza di vipere, come potrete scampare dalla condanna della Geenna ».
Il " Bestiario valdese " descrive la riproduzione delle vipere : [la vipra concep per la soa boca en aquesta maniera : lo mascle met lo seo cap en la boca de la femella, e la femella talha lo cap e lo treysis, e la vipera reman gràvia per aquel cap ; e derant lo temp de l'aparturiment, li filh rogian lo ventre de ley e las còstas, e s'en salhon per fòrça] (testo originale dell'edizione di Borghi-Cedrini, eccetto l'accentazione) « la vipera concepisce per la bocca in questo modo : il maschio mette la sua testa nella bocca della femmina, e la femmina gli taglia la testa e la ingoia, e la vipera rimane gravida da questo capo ; e prima del tempo del parto, i figli rodono la sua pancia e le sue costole ed escono per forza ».
Treisir si è conservato nell'occitano del Delfinato con suo senso di « masticare, ingoiare », e salhir è sempre « uscire » nell'alta Val Po e a Bobbio.

In Val Germanasca si trova l'espressione " pilhar la sèrp abo las mans de lhi autri " « prendere la serpe con le mani degli altri ».
A Pragelato se un animale si mette in una situazione straordinaria, è come " un serpent a joc " [serpent a dzouc] « una serpe appollaiata ».
A Bardonecchia un'azione, un fatto impossibile fanno venire il proverbio " Se l'arguelh veieisse e l'alabrena pogueisse, faria descendre un cavalier de chaval " « se l'orbettino vedesse e la salamandra potesse, farebbe scendere un cavaliere da cavallo ».
In Val Germanasca, dove si dice che l'orbettino ha prestato il suo occhio alla vipera : " Arguelh, presta-me ton uelh, fins que lo roure desfuelhe " [argueulh, preit-me toun eulh, fin quë lou roure deifeulhe] « Orbettino, prestami il tuo occhio, fino che il rovere perda le foglie ».

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