Plueia (Monterosso Grana)

Autore
Janò Arneodo

L’occitano plueia « pioggia » viene dal latino *ploia, alterazione della variante popolare *plovia del latino classico pluvia. La v del radicale latino compare di nuovo nei derivati e nelle varianti lessicali plueva, plòva di alcune valli meridionali.

Le diverse pronunce locali di plueia si organizzano intorno ai due tipi, [pleuio] al nord e [pueio] al sud : in particolare l’evoluzione a [pi] del gruppo PL, a partire della Val Pellice (vedere l'articolo CLAPIER), ha spesso prodotto una successione vocalica [iuèio] che è stata ridotta in diversi modi.
L’occitano delle Valli ha dittongato anticamente in ue la ò etimologica seguita da una palatale. In Alta Valle Susa e a Pragelato, dove ue è pronunciato [eu], plueia è regolarmente [pleuië] a Rochemolles come a Pragelato, o [pleuia] a Salbertrand, Sauze di Cesana. Le forme locali della Val Chisone e della Val Germanasca sono del tipo pluea ([pleuo] : Val Germanasca, [pleua] : San Germano), ma da Fenestrelles a Roure, e anche localmente in Val Germanasca, [pluo] : (Roure, Val Germanasca), [plea] : Usseaux, [pliô] : Fenestrelles.
Dalla Val Pellice alla Val Vermenagna le forme del tipo plueva ( [pieuva] : Bobbio, Vernante, Limone, [pieuvo] Ostana, [pievo] : Monterosso) e plòva ([piovo] : Oncino) sono influenzate dal piemontese. La forma del brigasco [cheùvia] è foneticamente e lessicalmente ligure.
Nella parte superiore delle valli meridionali, dove il gruppo plu è semplificato (come in pluma [pimo], plus [pu, pi]), si trova [pueio] (Bellino), [pieio] (Sampeyre), [puio] (Pontebernardo).

Le varianti delle forme verbali sono molto meno diversificate. L’infinito plòure e la forma del presente dell’indicativo (la) plòu sono generalmente [plooure] o [piooure], e [(la) ploou] o [(la) pioou], al nord come al sud : Salbertrand [plaouře] e [la ploou], Val Germanasca [ploure] e [la ploou], Oncino [pioouri] e [la pioou], Bellino [piooure] e [la pioou].
Però pluèver [pieùve] a Paesana, Robilante, plòver [piòve] a Monterosso dove « pioggia » si dice pleuva. Nella sua traduzione in occitano della Val Pellice del Vangelo di Luca, Pierre Bert usa plòver all’infinito : "la vòl plòver " [la vol piové] « sta per piovere » (Luca XII-54) ma la forma occitana plogut del participio : "l’a plogut de fuec " [l’ha piougu de feu] « è piovuto fuoco » (Luca XVII-29).

Nelle frasi interrogative il pronome soggetto neutro la posizionato dopo il verbo si pronuncia [lo], il pronome soggetto è spesso raddoppiato : a Oncino la plòu-la ? [la pioou-lo] « piove ? », deman la ploverè-la ? [dëman la piovarè-lo] « domani pioverà ? ».

Il campo lessicale della pioggia è comunemente organizzato secondo la durata e la forza delle precipitazioni.
Una pioggia debole, « una pioggerella », alcune gocce che cadono quasi senza bagnare né inumidire, è una plueveta (Monterosso), un pluvinhuelo [pluvinheuřou] (Salbertrand), ed è solo plovinhar (Val Germanasca), pluvinhar (Salbertrand), pluvisnhar [piuvisnhâ] (Robilante), bacanhar (Salbertrand), rosinhar [rouzinhâ] (Val Germanasca, Robilante).
Una piccola pioggia di grosse gocce è una estiçasseaa o una estiçasseanha [ëstisasianha] (Robilante).

Una radaa (Alta Valle Susa), un roi (Robilante), una pissanha (Monterosso, Bellino), un rai (Monterosso) è una pioggia breve. Se è un poco più abbondante è una ramaa [ramà] (Val Germanasca, Bobbio, Bellino, Monterosso), un raion [raioun] (Val Germanasca), un eslavet (Robilante), un esbabech (Vernante). Quando è solo dovuta al passaggio di una nuvola portata dal vento e che si svuota : un confle [counfi] (Bellino, Monterosso).
Una forte pioggia che dura è un raiàs (Bobbio, Angrogna), una raissa (Vernante), un eslavàs (Monterosso, Robilante, Vernante), un arvèrs (Monterosso) o d’aiguas aversas [aigues averses] (Bellino).
Una pioggia violenta, a volte accompagnata da raffiche di vento, è una jostra (Bellino), un ronfle (Salbertrand), una borrescla [bouresquià] (Bellino) o un temporal.
Un pluveri è una pioggia che dura molto tempo, o un lungo periodo di piogge appena interrotte (Val Germanasca, Vernante).
Per dire in modo figurato che la pioggia è molto forte : la da (infinito donar), la plòu tant que la pòl, plòu coma lo det (Bellino), a versas « a rovescio », a cordas, a silhonaas « a secchi » (Salbertrand), a selhaas, a versas (Val Germanasca)

Quando quita de plòure « smette di piovere », la s’assosta « si schiarisce (lett : si ripara) » (infinito [s’asoûtâ] : Val Germanasca, Salbertrand). Bisogna notare che localmente (Salbertrand, Val Germanasca) l’occitano differenzia « riparare dalla pioggia » : betar a la sosta, assostar e « riparare dal vento » : betar a l’abric, abricar (che ha spesso assunto un senso generico).

La forma degli antichi testi valdesi è la plòia : "la plòia descendè e lhi flums vengron e lhi vents buferon " [la ploya deysende e li flum vengron e li vent buferon] « cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti » (Mat. VII-25), dove si nota la forma bufar « soffiare (per il vento) ».

La pioggia ispira i proverbi popolari. In campagna la pioggia confina a casa : "Qui travalha aube la plueia, travalh per lo médic " [qui travaio oubé la pueio, travaio per lou medic] « chi lavora sotto la pioggia lavora per il medico » (Bellino), dove uno trova il tempo lungo : "Amís e plueia, pus de trè jorns l’anueia " [amîs e pleuo pi de trei joùërn l’aneuio] « amici e pioggia più di tre giorni uno si annoia » (Val Germanasca).
Bisogna osservare la pioggia nei giorni di predizione del tempo : "Se la plòu lo jorn de Sant Medard, de tuit lhi bens un n’en pèrd un quart " « se piove l’8 di giugno, di tutti beni se ne perdono il quarto », "Se la plòu lo jorn de l’Ascencion, la pols passa lo baron " [la poùëls pasa lou baroun] « se piove il giorno dell’Assunta, (alla trebbiatura) lo scarto è più grosso del mucchio raccolto » (Val Germanasca), "Se la plòu per Sant Jaco e Santa Ana, la plueia è de mana " [se la pioou per Son Jacou e Sont'Ano, la pueio è de mano] « se piove il 25 e il 26 di luglio, la pioggia è una manna (cibo per il raccolto) » (Bellino).

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