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Autore
Elisa Nicoli

La lingua: il « titsch» dei walser
La parola walser deriva dal tedesco walliser, che significa abitante del cantone Vallese, in Svizzera, dove questa popolazione di origine germanica si insediò intorno all’VIII secolo. Le ondate migratorie successive che, grazie a condizioni climatiche particolarmente favorevoli, li portarono ad attraversare le Alpi e a insediarsi in Piemonte e Valle d’Aosta, si possono far risalire all’inizio del XIII secolo.

La lingua di questa popolazione è quindi di origine germanica e appartiene al gruppo dei dialetti alemanni dell’alto tedesco (o «altissimo alemanno»), diffuso nella parte più orientale della Svizzera. Nel corso dei secoli l’influenza delle parlate locali causò una serie di mutamenti, e gli idiomi walser si diversificarono a seconda delle zone di insediamento. La parlata di Gressoney è considerata la più arcaica, quella che ha subito minori contaminazioni, mentre quella di Formazza e Macugnaga ha risentito maggiormente dell’interazione con il vicino Vallese, e quella di Alagna, Rima e Rimella dell’interazione con l’italiano. Al di là delle varianti, gli idiomi «titzschu» o «titsch» - così la gente delle valli definisce la propria lingua - sono accomunati da alcune marcate caratteristiche tipiche delle lingue germaniche, quali la presenza della declinazione di sostantivi e aggettivi (come nel tedesco, che ha conservato i casi nominativo, genitivo e dativo), e dei tre generi, maschile, femminile e neutro. Se buona parte del vocabolario è di origine germanica, il titsch ha adottato parole dai dialetti italiani e dal francoprovenzale, specialmente per oggetti e idee della modernità.

Non sono molte le fonti letterarie. A partire dal XVIII secolo si trovano le prime testimonianze scritte, costituite da lettere di emigrati o documenti manoscritti da parroci. Le donne e gli anziani hanno tuttavia dato un enorme contributo a mantenere viva questa lingua, che si è tramandata oralmente di generazione in generazione, anche grazie all’usanza di intrattenere la famiglia riunita nel tepore della stube, con il racconto di un vasto repertorio di filastrocche e leggende nelle lunghe sere d’inverno.

Numerose iniziative vengono promosse per la tutela di questo patrimonio linguistico, per garantire la memoria storica e valorizzare il patrimonio culturale lasciato sul territorio dalla comunità walser: in Valsesia è stato creato per questo un polo museale dedicato alle tradizioni e alle attività contadine.

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