Aiga

Autore
Giacomo Lombardo

L’occitano aiga continua il latino classico aqua di stesso senso. Un’altra evoluzione fonetica, comune col piemontese, ha dato le forme aiva (Vernante) e eva (Robilante, bassa Val Po, ...).

La pronuncia comune è [aigo]. Il dittongo ai è spesso pronunciato [ei], ad esempio quando passa in posizione atona nei derivati : aigar [eigâ] (Salbertrand) « innaffiare », aigueta [eigueto] (Bellino), e anche a Rochemolles per indebolimento della tonica al plurale : l’aiga, las aigas [l’aiguë, lâz eiga] ; la grafia mantiene comunque il dittongo originale.

L’acqua è un corpo chimico composto, comunemente presente sotto i suoi tre stati fisici : gassoso (vapor), liquido (rosaa o aiganha « rugiada », plueia « pioggia », riu « ruscello », beal « canale, torrente », laus « lago », fònt « sorgente, fontana » e come goccioline nelle neblas « nuvole, nebbia ») e solido (brina « brina », neu « neve », glaç « ghiaccio »).

Secondo la sua temperatura l’acqua è bulhenta « bollente » , chauda « calda », tèbia o flapa « tiepida », arota « quasi tiepida » (Salbertrand : [arouta], Val Germanasca : [aroutto]), rota (Rochemolles) o derota (Vernante), frescha (Val Germanasca [frêcho]) o fresca (Bobbio [frësca]) « fresca », freida « fredda », tranchanta (Salbertrand [transhanta]) o entracoraa [entracourà] (Bellino) « quasi gelata ».
Una definizione di tèbi è data da un antico testo valdese : [car tu siè tèbi, e non siè ni freit ni chaut] « poiché tu sei tiepido, e non sei né caldo né freddo » (Apoc. III-16, Carpentras). Localmente (Salbertrand, Claviere) l’Alta Valle Susa utilizza il francesismo tieda. « Diventare tiepida (per l’acqua) » o « intiepidire » si dice tebiar [tëbiâ] (Val Germanasca) o estebiar (Elva, Robilante [ëstëbiâ]), arompre, rompre (Val Germanasca), derómper (Robilante), derompre (Vernante) o flapir (Val Germanasca), aflapir (Salbertrand). L’aiga frasa (Elva), come l’aiva frasa (Vernante) o l’aiga neu « acqua neve » di Bellino, è lo stato particolare di una neve che la temperatura esterna fa diventare acqua.

Nel lavoro dell’orto o di campagna l’acqua è importante : è necessario aigar (Salbertrand [eigâ]), enaiguar (brigasco) o banhar : « dare acqua (genericamente) », o arrosar [arouzar] « innaffiare » l’orto e abealar [abealar] (Bellino), bealar [bialâ] (Robilante) « irrigare » i campi e i prati. Per innaffiare l’orto o i fiori si adopera il banhaor (Val Vermenagna [banhour], Val Germanasca [banhoou]) « innaffiatoio », o nelle valli settentrionali il arrosoar (francesismo).
La forma arrosar è attestata negli antichi valdesi : " iu plantei, Apollon arrosè, mas Diu donè acreissament " [yo plantei, Apollo arose mas Dio done acreisament] « io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere " (Cor1, III-6) : la citazione dà le forme coniugate del preterito verbale dell’antica lingua : plantei (1s), donè (3s).
S’aigar si dice inoltre a Bellino di una pecora che si ammala bevendo troppa acqua.

In Val Germanasca il corso d’acqua principale di una valle è l’aiga gròssa, la grand aiga [aigo groso, grand’aigo]. L’acqua del pozzo, della fontana o di un canale può essere clara « chiara » o trébol (Val Germanasca [tërbou], Bellino [trebou]), trébola (Val Vermenagna [teùrbboula] o anche estrébola), trobla (Alta Valle Susa, Val Chisone) « torbida ».

Divertirsi agitando dell’acqua è aigolear [aigoulhâ], bachassear, banhassear (Val Germanasca), bachassar, esbachassear (Robilante).

L’aiguiera era a Bellino un recipiente per contenere dell’acqua, l’aiguier (Monterosso), o aigaier a Salbertrand [egaî], è la vasca della cucina che serve a lavare le stoviglie e gli alimenti (lo lavandin altrove). In cucina, l’aiga bòrnha è a Elva una minestra semplicemente fatta con acqua, uova e formaggio, l’aigueta è a Bellino l’acqua di cottura dei crosetins « pasta locale ».

L’acqua supporta delle metafore nei proverbi : di uno che non può andare contro la sua natura " L’aiga ilh vai sempre finir ent la ma " « l’acqua finisce sempre nel mare » (Val Germanasca) o " L’aiga vai sempre al pus bas " « l’acqua scende sempre giù » (Bellino), del tempo che non torna in dietro " L’aiga que passa ilh molina pas pus " « l’acqua passata non macina più » (Val Germanasca), della forza della tentazione " Un pòl jamés dire : d’aquela aiga n’en bevo pas " [en pol jamè dir d'aquel'aigo n'en bevou pa] (Bellino) ...

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