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Autore
Elisa Nicoli

Il paese: dal Vallese al Monte Rosa

Esperti conoscitori della montagna, avvezzi ai climi rigidi, i walser trovarono nelle Alpi Pennine, Lepontine e Graie - che contano alcune delle maggiori vette e dei più alti valichi di tutta la catena - un ambiente ideale dove insediarsi. Ed è in questi territori montuosi, ancora oggi pressoché incontaminati, caratterizzati da piccole borgate, pascoli d’alta quota, boschi e ambienti rocciosi improduttivi, che questo antico idioma è ancora parlato dalle poche centinaia di persone che formano la comunità walser delle valli Ossola, Formazza, Sesia e Anzasca. La colonizzazione dei walser in questo territorio fu pacifica, data la natura climaticamente e geograficamente impervia e inospitale dei territori occupati. Non toglievano terra a nessuno insomma: andavano invece a dissodare e civilizzare ambienti mai abitati dall’uomo.

Il massiccio del Monte Rosa (4634 m), la seconda vetta delle Alpi, è centrale all’area di stanziamento delle popolazioni walser. Oggi lo vediamo ammantato di ghiacci perenni, tanto da sembrare, per la sua enorme estensione territoriale, una invalicabile barriera tra i due versanti alpini. Tuttavia, intorno al XIII secolo numerosi passi alpini, oggi di esclusivo interesse alpinistico, erano liberi dai ghiacci e percorribili non solo a piedi, ma anche con carri, bestiame e masserizie. È oggetto di dibattito tra gli studiosi quali fossero i percorsi transalpini che portarono piccoli gruppi di coloni walser a popolare questo comprensorio. Due sono gli itinerari possibili attraverso il massiccio del Rosa: il colle del Lys (4248 m), in walser Lysjoch, tra la valle omonima in val d’Aosta e la Mattertal in Vallese, oppure il più facile ma lungo percorso attraverso il colle del Teodulo (3316 m), in walser Théoduljoch, tra la Mattertal e la Valtournenche, quindi il colle Superiore delle Cime Bianche (3106 m) e il colle della Bettaforca (2727 m), in walser Bättforko, tra la val d’Ayas e la valle del Lys. Valichi più accessibili mettevano poi in comunicazione queste valli con la vicina val Sesia e Anzasca. Più facili passi permettevano l’accesso alla val d’Ossola e alla val Formazza dalla valle del Ticino e dal Sempione.

Le ragioni della migrazione furono la crescita demografica che interessò tutta l’Europa in epoca altomedievale, oltre agli incentivi offerti dalle varie autorità territoriali a Sud delle Alpi. Gli ordini monastici e i conti di Biandrate - signori della Valsesia, con feudi nel Vallese - garantivano ridotti gravami fiscali e libertà personale a chi colonizzava questi territori, divenuti oltretutto interessanti grazie alla fase climatica calda. Le comunità walser erano portatrici di tecnologie (in agricoltura, forestazione, edilizia) assolutamente innovative e originali. Per questo i walser sono riusciti a sopravvivere anche alle mutate condizioni ambientali, a partire dal XIV secolo, quando la piccola era glaciale causò un avanzamento dei ghiacciai e la chiusura di molti passi alpini, oltre a una netta perdita di terre coltivabili e pascoli. I walser hanno mantenuto nei secoli una forte identità culturale e mostrato un solido attaccamento ai costumi, alle tradizioni e alla lingua. Le comunità walser sono tuttora dedite, oltre che al turismo, alle attività artigianali e agro-silvo-pastorali. Vantano eccellenze nell’artigianato del legno e nella produzione di formaggi d’alpeggio.

La comunità walser piemontese è suddivisa in dodici comuni tutti situati nelle province di Vercelli e del Verbano-Cusio-Ossola e mantiene legami saldi con le comunità walser che risiedono nella svizzera tedesca.

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